venerdì 28 ottobre 2016

Accadde a Gela - Metti un mattino d'autunno

Era ottobre del 2008. L’impegno politico nella campagna amministrativa di Reggi mi aveva fruttato una sincera amicizia con la ragazza a capo della sua segreteria. Lei, carinamente, quando seppe che in Agenzia d’Ambito cercavano un ingegnere per sostituire una maternità, si fece dare ed inoltrò il mio curriculum. Morale: da gennaio 2008 lavoravo in via Taverna ancora di più di prima, quando ci stavo solo per l’informatizzazione dei sistemi dei Servizi Sociali. Vabbè, ma questa è un’altra storia.
Dicevo, era ottobre del 2008. E siccome lavoravo in via Taverna e non mi ero trovata bene al nido dove Pietro era stato iscritto l’anno precedente, decisi di selezionare nella domanda al Comune come unica chance quel nido, che aveva sede proprio lì. Se mi prendevano bene, se no ci sarei andata privatamente.
Preme sottolineare che Pietro fu preso attraverso la strada comunale, a tariffa piena secondo l’ISEE.
L’anno che stava per avere inizio (scolastico, ovviamente) avrebbe portato con sé la radicale trasformazione di tutte le nostre vite. Un giorno non troppo lontano ci saremmo svegliati e “Goodmorning Vietnam”.
Ma quel giorno non era ancora arrivato e così fui io, entrando in ufficio della cooperativa, che chiesi alla persona dietro al banco di incontrare la Presidente. Ero solo una mamma. Il giorno la Presidente dopo mi chiamò. La invitai a pranzo e le feci vedere la serra che c’è nel giardino della casa dove abitiamo a Piacenza. Proprio la serra che oggi conoscono in tanti qua a Piacenza.
Lì mi sarebbe piaciuto fare qualcosa di speciale per i bambini. Laboratori in inglese, un nido, una scuola, qualcosa. Lei mi disse: “piacerebbe anche a me; andiamo avanti”. Le cose si sono evolute in modo molto diverso e la serra oggi è un’altra cosa, ma questa è un’altra storia e la dovrò raccontare un’altra volta.
Quella cooperativa era nata agli inizi del nuovo millennio, dalle ceneri di un’associazione di genitori che aveva gestito da precursore alcuni servizi educativi e che aveva poi deciso di strutturarsi meglio.
Di quegli anni io non conosco la storia. In tanti me l’hanno raccontata, tutti con sfumature diverse, con frustrazioni diverse, con lamentele diverse.
Avendoci lavorato abbastanza a lungo, ho avuto modo di farmi alcune idee precise in merito alla cooperazione sociale, al suo rapporto con le istituzioni, alla “capacità imprenditoriale” di questo mondo, al modello democratico di gestione dell’azienda ed alla degenerazione del rapporto tra cooperazione e politica, in particolare nella nostra regione.
Scendere come un sommergibile in questo universo profondo e in parte sommerso, sconosciuto, ha fatto sì che gli aspetti umani e quelli professionali delle relazioni intessute si siano intrecciati indistricabilmente e le fatiche condotte per affrontare progetti e crisi parimenti hanno reso alcune tra queste piuttosto complesse.

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