domenica 16 ottobre 2016

Accadde a Gela - Caro amico di penna...

Era il 6 settembre 2010 quando scrissi questa mail ad un ragazzo dello staff di Walter Veltroni.

Ciao S.,
Ti allego la presentazione su cui stiamo lavorando per la discussione con gli enti finanziatori. Gli economics sono un po’ datati (oggi sono migliori), ma non è la parte principale di cui voglio discutere. Dentro il ppt è possibile trovare le linee principali del progetto, che così ti sintetizzo.
Si tratta di costruire un centro polifunzionale per bambini e famiglie strutturato su alcuni assi portanti:
- polo scolastico
- polo famigliare
- polo di accoglienza per bambini allontanati dalla famiglia con sentenza del tribunale dei minori
il tutto in particolare declinato sulle esigenze dei bambini con problemi di disturbi generalizzati dello sviluppo.
Il progetto raccoglie al suo interno un centro educativo in età 0-11, per bambini neurotipici e bambini con diagnosi. Il fondamento del progetto è che un bambino con handicap può sfruttare al meglio le sue potenzialità abilitative se inserito – con le opportune professionalità – in un ambiente il più possibile “normale”. Poi un centro per le famiglie per informare, formare, indirizzare la famiglia e erogare counselling e terapia comportamentale ai portatori di handicap. Infine un centro specializzato con personale altamente qualificato per accogliere bambini che – indipendentemente da possibili patologie neuropsichiatriche – hanno bisogno di un accompagnamento veramente specifico.
Ti parlo con franchezza. Ho iniziato a lavorare a questo progetto nel 2004. Fai tu… all’epoca mancavano 2 anni alla nascita di mio figlio, che il caso ha voluto nascesse autistico. Quindi nello spettro generale dei DGS. Conosco la materia per passione (non per lavoro, faccio l’ingegnere) e per vita vissuta.
A 4 mesi dal caso di Gela – dove una madre con un figlio autistico ed uno in fase di valutazione li ha affogati cercando di togliersi poi la vita – ti posso dire che:
1) comprendo – non giustifico – il gesto di una madre abbandonata dallo stato. Una famiglia, in queste condizioni, non ci mette nulla a saltare;
2) una famiglia con un figlio in queste condizioni – ammesso che venga a sapere che esiste una terapia per curare il bambino – arriva a spendere tra i 2300 € ed i 2700 € al mese per la terapia; se ce li ha. Se no si tiene rain man.
3) lo stato ti riconosce una pensione di invalidità, ma non le terapie necessarie – ed esistenti.
Noi stiamo semplicemente cercando di costruire un polo – dove prenda piede la sede di un centro di ricerca applicata in collaborazione con i principali istituti universitari di ricerca – per riuscire a:
- costruire una società multiculturale capace di accogliere le differenze come un valore;
- erogare terapie a tutte le famiglie che ne abbiano necessità, secondo un sistema perequato in funzione del reddito, affinché la/ le terapia/e non siano derivazione di una situazione censuaria;
- costruire un centro di eccellenza nel nord Italia, da riportare in un secondo momento al centro ed al sud. Tutto questo – semplicemente – perché sono di Piacenza e da qui sono potuta partire con il sistema di relazioni e di conoscenze che la mia vita mi ha dato.
Noi siamo una cooperativa di cui – se vuoi ridere – io non sono nemmeno socia cooperatrice, ma semplicemente madre di un bambino autistico che qua dentro ha trovato l’unico luogo di accoglienza seria e professionalmente ed umanamente preparata. 
Sono ingegnere però ed ho specifiche competenze di natura gestionale. Sicché, con le sinergie con loro, ho costruito il piano industriale ed il piano economico – finanziario. Ci tengo a dirti una cosa: gratis. Te lo dico non perché sono buona, ma perché credo in una società in cui gli individui mettono le loro competenze al servizio della costruzione di un futuro migliore per tutti. E non perché mio figlio è autistico, ma perché ci sono 3/100 bambini diagnosticati in quel mondo, più tutti quelli che alla diagnosi non ci sono mai arrivati. Ed in un bambino così, 6 mesi sono quelli che possono fare la differenza. Ed una famiglia va accompagnata lungo la consapevolezza di un male che può essere arginato.
Ora, i problemi – anche politici (in senso lato) – cui un progetto di questo tipo può andare incontro sono molteplici. E si declinano lungo diversi assi. Da quelli economici, a quelli culturali a svariate decine di altri aspetti.
È vero: ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di creare sinergie, di costruire un consenso forte intorno a questa iniziativa, dal livello locale a quello nazionale e – perché no – europeo. Ma ho anche bisogno di confronto, di poter parlare con qualcuno, di poter capire altri punti di vista rispetto al mio. Ci tengo a dirti che un polo di questo tipo in Europa non esiste. E credo che sia prevalentemente un problema di approccio culturale.
Se mi chiedi perché ho scritto a Veltroni, semplicemente è questo: so chi è, so che uomo è, è stato il mio segretario due volte ed io sono stata segretaria di un PD nel quale ho fortemente creduto. Oggi, l’entusiasmo di un tempo ti confesso è calato. Ma resto aderente all’idea che un futuro migliore non può prescindere da una forma di impegno e di cooperazione che è prima di tutto autogaranzia. Un po’ “per chi suona la campana”.
Questo è quello che voglio chiedere a Walter. In primo luogo, la possibilità di spiegargli nel dettaglio cosa significa questo progetto, il contesto in cui si inserisce e gli obiettivi che si prefigge. Capire se ci sono gli spazi per procedere, sentire un’altra voce. Avere dei consigli: strategici, politici, di indirizzo. E provare a costruire un pezzo del domani che voglio che mio figlio possa vivere pienamente.
Il progetto c’è: cresce, scalcia, siamo in trattativa per comprare la sede. Ma tutto questo non basta. Serve di più. Serve che il nostro Paese ricominci a guardare dentro se stesso, perché non si dica più: “dobbiamo tornare tra la gente comune”, come se noi dirigenti di questo partito fossimo qualcosa di antropologicamente differente.
Grazie per l’attenzione.
Benedetta
PS: mercoledì mattina saremo a Bologna per discutere con Cooperfidi del progetto e capire se sono disposti a garantirlo.

Il giorno 20 ottobre 2010 16:38, xxxxxx <pd.xxxxxx@camera.it> ha scritto: 
Cara Benedetta,
ho letto con molto interesse il tuo bel progetto, pieno di sensibilità e di intelligenza. Purtroppo, però, non saprei attualmente come aiutarti, se non invitandoti a insistere, perché le buone idee alla fine la spuntano sempre. Ovviamente, come sai, la cosa migliore è cercare interlocutori nelle amministrazioni locali. In bocca al lupo.
Un caro saluto
Walter Veltroni

Date: 21 ottobre 2010 11:25
Oggetto: Re: da Walter Veltroni
Ciao Walter,
Grazie della risposta, ok recepita. 
Vorrei solo aggiungere alcune considerazioni. 
Credo e spero che i temi di patologie che investono 3 bambini su 100 (senza contare il sottobosco dei non certificati) dovrebbero essere ritenuti all'ordine del giorno della politica e ritengo che sia anche questo il compito delle persone che sono da noi state deputate a rappresentarci in Parlamento.
Come già ti scrissi, non è possibile che lo stato lasci sole le famiglie ad affrontare spese mensili in terapie pari a circa 2500 € (un ottimo stipendio, considerato che deve essere netto tasse), riconoscendo al più un assegno di invalidità di 480 €/mese.
Non è possibile accettare impegni statali sulla sanità inferiori a quelli che stanzia una singola regione. Credo che di questo si dovrebbe parlare.
Temo ancora una volta che la vita reale e il mondo produttivo, universitario, lavorativo, cooperativo superino in vision la politica, che da lanterna di Diogene sta retrocedendo sempre di più a cerino...
Certo, le amministrazioni locali sono interlocutori presso i quali già da tempo ci stiamo muovendo per una partnership; interlocutori che però per i tagli che il governo sta operando nei trasferimenti e per l'assenza ormai di gettiti diretti che non siano legati all'addizionale IRPEF o poco più, piangono giustamente un'ingiusta miseria. Il nostro comune taglierà nei prossimi 3 anni circa 7 milioni di euro, per minori introiti legati alle diminuzioni dei trasferimenti e per le conseguenze del patto di stabilità. Provincia e Regione hanno anche loro le loro difficoltà e non devo raccontartele io.
La consapevolezza del contesto politico, sociale ed economico in cui viviamo mi sta spingendo a fare il fund raising unicamente presso le fondazioni private, proprio perché so che il pubblico è alla canna del gas. Infatti ti avevo già avvisato che non ero alla ricerca né di soldi né di aiutini. Avrei voluto parlarti di questo. Avrei voluto semplicemente domandarti che cosa pensa il nostro partito di queste cose, come pensiamo di affrontarle in una battaglia parlamentare. Avrei voluto chiederti di aiutarci ad avviare una sensibilizzazione politica su queste istanze, perché non investire su questi bambini - oltre che crudele, perché gli neghi il diritto ad una vita il più normale possibile - è anche stupido: da adulti, ti costeranno molto di più. E la patologia statisticamente è in costante aumento.
Sai, io son fortunata, perché ce li ho quei soldi che mi servono per curare mio figlio. E sono fortunata perché avendo iniziato a curarlo prestissimo, forse riuscirò a ottenere l'obiettivo di breve termine di mandarlo a scuola senza sostegno. Che significa:
1. che lui avrà fatto progressi enormi sulla via della normotipizzazione dei comportamenti;
2. che potrà evitare l'umiliazione di essere/sentirsi/essere trattato da diverso;
3. che lo stato risparmierà i soldi di un insegnante di sostegno (purtroppo impreparato ad affrontare il suo compito) e potrà utilizzarli altrove.
La madre di Gela di cui ti ho parlato non aveva davanti questa prospettiva. Infatti, i suoi due figli li ha ammazzati. Al loro funerale, avrei voluto che fosse celebrato anche quello dello stato sociale, che lentamente è morto perché lentamente è morta una politica fatta di osservazione, percezione, anticipazione e progettualità.
Ciao Walter. Seguirò il tuo consiglio. Insisterò nella mia idea e crepi il lupo.
B

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