mercoledì 21 settembre 2016

Accadde a Gela - Il primo segnale

Aprile 2007. Pietro non dorme se non tre quarti d’ora ogni tre ore di veglia durante la notte. Nel giorno, un sonno di più di 20 minuti è impensabile.
Non lo posso toccare. È sempre incazzato. Non mangia. Vuole stare in piedi. Ci costringe a metterlo nel girello e passa il tempo saltandoci dentro. Ancora oggi, il suo soprannome è “Pulcis”.
Quel giorno siamo da soli in casa. C’è caldo e lui è a piedi nudi sul pavimento. Gioca con una porta. Fin da piccolo ha un’attrazione smodata per ciò che ruota. L’alluce destro gli rimane incastrato sotto; lo forza per farlo uscire. C’è sangue dappertutto. Lui non dice nemmeno “Ba”. Dentro di me la diagnosi è immediata: autismo. Il bambino ha sette mesi. So che è presto, ma ne parlo con Nicolò, che mi dice che sono troppo apprensiva, che il bambino ha bisogno dei suoi tempi per crescere, che le cose cambieranno e lui si tranquillizzerà.
Io aspetto, ma lui non si calma ed ogni cosa diventa per noi, da affrontare, un po’ più difficile.
Per questo bimbo ho smesso di lavorare. Mi sono licenziata senza paracadute. Sono tornata da Roma, dove vivevo, a Piacenza, in the middle of nowhere. Senza un’occupazione, senza un posto, incapace ed inadeguata a prendermi cura di lui.
Per mia enorme fortuna, in quell’aprile 2007 il comune di Piacenza torna al voto. Mia sorella Barbara, allora responsabile provinciale dell’organizzazione nei DS, mi propone di darle una mano per la campagna elettorale del sindaco che poi sarà riconfermato. Sarò responsabile del corner elettorale. Per un paio di mesi, almeno, avrò un ruolo sociale. Poi, si vedrà.

Nessun commento:

Posta un commento